Dr.ssa Marta Sciuccati – Studio Associato RiPsi

 

Il bambino, ancora prima di iniziare la sua carriera scolastica, ha già imparato buona parte di ciò di cui ha bisogno per utilizzare la propria lingua madre. Questo apprendimento, se da un lato avviene per semplice esposizione al linguaggio, senza necessità di insegnamento formale, dall’altro richiede che i bambini e le bambine dispongano di alcune risorse di base che si osservano nei loro comportamenti ancor prima della comparsa delle parole.

L’inizio della comunicazione fra il bambino e l’adulto trova origine, infatti, nelle primissime fasi di interazione e contatto, durante i momenti di accudimento quotidiani. Il bambino manifesta sin dalla nascita, attraverso il pianto, la mimica e il movimento, i propri bisogni, pone delle “domande”, che possono ottenere risposta nel comportamento dell’adulto.

Le parole che l’adulto utilizza in questi momenti, arricchiscono l’esperienza e permettono al bambino di familiarizzare con la prosodia e con i suoni tipici della propria lingua che iniziano ad essere memorizzati e organizzati.

In pochi mesi dalla nascita il bambino inizierà a servirsi di questo sapere per emettere a sua volta suoni simili, inizialmente vocalici e, successivamente, combinatorie sillabiche sempre più complesse, imparando a stabilire associazioni fra le posizioni dei propri organi fonatori e i suoni prodotti, una vera e propria sperimentazione non diversa da quella che lo porta a muoversi e manipolare gli oggetti che lo circondano.

Nella maggior parte dei bambini questo livello di padronanza si sviluppa fra i 6 e i 12 mesi, con una grande variabilità interindividuale.

In questa fase l’adulto può fungere da supporto alla maturazione: 

  • può ricercare il contatto di sguardo del bambino,
  • può cercare di interpretare i suoi stati emotivi e i suoi bisogni e fornire una risposta adeguata
  • può “chiacchierare” con il bambino imitandolo e stabilendo dei turni comunicativi
  • può prestare attenzione a ciò che è interessante per il bambino e può descriverne e commentarne le caratteristiche con semplici parole.

D’altra parte, in questa fase, è utile osservare la capacità del bambino di mantenere dei momenti di regolazione emotiva che gli permettano di prestare attenzione al mondo che lo circonda, la sua capacità di “giocare” con i suoni divertendosi e mostrando il proprio piacere attraverso gesti e sorrisi rivolti all’adulto.

La sensazione di piacere condiviso fra il bambino e l’adulto che viene sperimentata durante lo scambio comunicativo favorisce e sostiene l’apprendimento del linguaggio. A partire dai 9 mesi il bambino sarà sempre più consapevole della propria possibilità di avviare e mantenere scambi comunicativi e si serviràdi gesti e parole per chiedere e denominare ciò che lo circonda.

In questa fase è utile monitorare la comparsa del gesto dell’indicazione che permette al bambino di guidare l’attenzione dell’adulto verso ciò che cattura il suo interesse. Il bambino inoltre inizierà a mostrare e dare degli oggetti all’adulto, entrambi gesti che sostengono e favoriscono lo scambio comunicativo. Possono poi comparire anche altri gesti, a significare, ad esempio, il “ciao” o “non c’è più” o che descrivono azioni come “bere”, “dormire”, ecc.

La comparsa di questi gesti riflette il procedere dello sviluppo delle competenze comunicative del bambino che, normalmente, dispone di una rappresentazione della realtà e ha esigenze comunicative superiori alla sua capacità di produrre parole che vengono dunque sostituite o integrate con informazioni non linguistiche.

Inizialmente, il bambino disporrà di poche parole che verranno prodotte in modo ritualizzato e ripetitivo all’interno delle routine condivise con l’adulto; saranno caratterizzate da semplificazioni e abbreviazioni del modello adulto poiché le capacità del bambino di articolare e coarticolare suoni sono ancora limitate.

In questa fase è utile che l’adulto utilizzi un linguaggio corretto, senza alterare le parole prodotte, in modo da fornire un modello stabile ed adeguato al bambino. D’altra parte la richiesta rivolta al bambino in modo esplicito di ripetere correttamente la pronuncia delle parole, può essere poco funzionale allo sviluppo della competenza.

Il bambino, infatti, potrebbe non essere ancora in grado di pronunciare correttamente molte parole e la focalizzazione sulle caratteristiche formali del suono rischia di produrre un allontanamento dal significato dello scambio comunicativo e una perdita di piacere nella comunicazione stessa che riduce la possibilità che il bambino emetta delle verbalizzazioni e si alleni.

Progressivamente il numero di parole di cui il bambino dispone aumenta e diventa possibile servirsene per fare riferimento a persone, oggetti ed esperienze che non sono presenti e visibili. Quando i bambini dispongono di un vocabolario sufficientemente ricco, in genere fra i 19 e i 26 mesi, possono iniziare a combinare più parole.

Nelle fasi presintattica e sintattica primitiva lo scambio è caratterizzato dal prevalere di parole singole in successione o prime frasi, dette nucleari, costituite da accostamenti di argomenti dotati di significato, a volte incomplete (es. “bimbo prende”). Le tappe successive prevedono il completamento di queste prime strutture e il progressivo complessificarsi della morfosintassi.
I bambini imparano ad acquisire il controllo della morfologia legata producendo varianti delle etichette per esprimere il numero (es. biscotto/biscotti) e il genere (es. bambino/ bambina).

Successivamente compaiono i funtori come articoli, preposizioni e pronomi e i verbi possono essere modificati per esprimere azioni attuali, ma anche passate e future.
In questa fase le routine possono essere integrate con la lettura di libri che consento al bambino e all’adulto di condividere un’esperienza che fa riferimento ad una dimensione che amplia l’esperienza diretta, esperienza che può essere ripetuta più volte e sostiene così l’apprendimento di conoscenze e rappresentazioni linguistiche che arricchiscono la quotidianità.

Con la maturazione le frasi diventeranno sempre più articolate e complesse e potranno essere collegate mediante l’uso di connettivi interfrasali: prima, dopo, perché, quando, allora, invece ecc.
Si arriva così alla fase di consolidamento e generalizzazione delle regole in strutture combinatorie complesse; la lunghezza media dell’enunciato in questa fase si colloca in genere fra le 3 e le 5 parole.

Sebbene esista una grande variabilità, la maggior parte dei bambini fra i tre e quattro anni dispone di questo livello di sviluppo frasale ed è in grado di padroneggiare la maggior parte dei suoni della lingua madre.
Per l’italiano gli ultimi suoni acquisiti sono in genere la dz di “azzurro”, la di “aglio”, la ∫ di “scivolare” e la r di “rosso”.
Sebbene la maggior parte dei bambini necessiti solo di persone disponibili ad ascoltarli e parlare con loro per raggiungere queste competenze, appare utile riconoscere precocemente le difficoltà di quei bambini per i quali questo non è sufficiente.

Una valutazione precoce, laddove vi sia una significativa discrepanza rispetto al raggiungimento delle tappe evolutive, permette di considerare la possibilità di avviare un intervento di potenziamento con miglioramenti sull’outcome a lungo termine. Il linguaggio rappresenta infatti uno strumento importante sia per la regolazione intra e interpersonale che per l’apprendimento scolastico formale.

Articolo pubblicato con autorizzazione degli autori. Tutti i diritti sono riservati, è vietata la riproduzione per qualsiasi finalità.

Disegni: Dr.ssa Marta Badini

References:

“Il primo vocabolario del bambino”, M.C. Caselli et al., 1995 ed. Franco Angeli

“Parole e frasi nel primo vocabolario del bambino”, M.C. Caselli et al., 2007 ed. Franco Angeli

“L’acquisizione del linguaggio”, M.T.Guasti, 2007 Raffaello Cortina Editore

“Un intervento precoce per il tuo bambino con autismo”, S.J. Rogers et al., 2015 Hogrefe