Lorenzo Castelli, psicologo scolastico e psicoterapeuta, formatore e supervisore
Monica Marelli, Dirigente scolastico – Istituto comprensivo Barlassina (MB)

Nel mese di maggio 2021 è stata avviata una ricerca per provare a valutare la presenza e il ruolo che gli strumenti tecnologici hanno assunto nella quotidianità degli alunni della Scuola primaria, in un momento storico culturale che, a partire dall’emergenza sanitaria da Covid-19 del febbraio 2020, ha necessariamente rivoluzionato il modo di fare scuola e i percorsi didattici proposti agli studenti stessi.

Nello specifico, è stato somministrato un questionario anonimo ad un campione di studenti delle classi quarte e quinte di alcuni Istituti comprensivi di due diverse Province della Lombardia (Como e Monza Brianza).

Il questionario era costituito da 9 domande suddivise in due macroaree: la prima riguardante l’utilizzo della tecnologia per la scuola, mentre la seconda inerente l’uso degli strumenti digitali per svago, divertimento e tempo libero.

Il campione totale a cui è stato somministrato il questionario anonimo sull’utilizzo degli strumenti tecnologici era composto da 742 alunni, 404 maschi e 338 femmine.

I risultati ottenuti sono stati tabulati sia in valori assoluti sia con valori percentuali per Istituto, per territorio e in termini complessivi, per favorire la lettura e l’analisi dei dati.

I bambini dispongono di strumenti tecnologici personali: il 55% dichiara di possedere una consolle per videogiochi, il 52% un cellulare, il 48% un tablet e il 28% un pc portatile.

Rispetto al tempo di utilizzo della tecnologia per il divertimento e il tempo libero, troviamo che il 45% del campione ne usufruisce giornalmente per un’ora circa e il 30% per due ore. Il restante 25%, ovvero 1 bambino su 4 rimane collegato 3 ore o più.

Online i bambini giocano, guardano video e ascoltano musica (spesso utilizzando social come YouTube, Tik Tok e Whatsapp). Solo il 13% dichiara di cercare nuove amicizie.

Per quanto riguarda il tempo di utilizzo della tecnologia per la scuola, il 71% del campione totale rimane circa un’ora, mentre il 23% (quasi 1 bambino su 4) due ore; solo il 6% ne usufruisce per tre ore o più.

I risultati della ricerca ci raccontano di bambini che sempre più precocemente sono collegati in rete, sia per la scuola che per il tempo libero; bambini che utilizzano social e che hanno a disposizione strumenti tecnologici personali (cellulare, tablet e pc portatile) anche a supporto delle attività scolastiche.

I percorsi di apprendimento realizzati a scuola con forme miste di didattica (in aula, su piattaforma digitale, in modalità sincrona o in asincrono) richiedono uno studio sempre più approfondito e puntuale su quali possono essere gli effetti che un “ambiente digitale” può avere sui processi cognitivi e di apprendimento degli alunni, se non anche sullo sviluppo stesso delle funzioni del sistema neuronale.

Già in passato alcune ricerche hanno evidenziano come in un “ambiente di apprendimento digitale” si possa assistere a forme di indebolimento cognitivo, deterioramento delle abilità analitiche e caduta delle competenze concettuali e performative, a favore invece di un aumento delle abilità visuo-spaziali, che sono intuitive e sostanzialmente immediate.

Il digitale è, infatti, fortemente centrato sull’immagine e sulla via visiva, cui è associata una forma di intelligenza dominata dalla logica della simultaneità, propria delle relazioni nello spazio. La via uditiva, quella del linguaggio e poi della scrittura, è invece associata all’intelligenza linguistica, di natura logico-sequenziale, propria delle relazioni nel tempo.

Si tratta di una distinzione importante, che ci porta alla conclusione per cui oggi i bambini, i cosiddetti “nativi digitali”, sembrerebbero mostrare una predisposizione all’approccio intuitivo, mentre il lavoro di elaborazione linguistica di tipo analitico, soprattutto secondo le forme più strutturate della lingua scritta, risulta sfavorito perché richiede un esercizio maggiormente riflessivo.

Ciò che è importante sottolineare è la conclusione ormai ampiamente dimostrata e accolta dalla comunità scientifica secondo cui il cervello può costruire nuovi circuiti o rafforzarne di esistenti attraverso l’esercizio ma, allo stesso modo, tali circuiti possono indebolirsi, se trascurati.

Se si smette di esercitare una certa facoltà mentale, questa non viene semplicemente dimenticata, ma a livello neuronale viene sostituita da altre funzioni cognitive che risultano essere più funzionali e adattive (Doidge, 2007).

L’uso ripetuto e costante degli strumenti tecnologici fa registrare nuovi pattern di attivazione neurobiologica (Healy, 1998): i nativi digitali, crescendo in un ambiente ricco di stimoli multimediali, hanno una struttura cerebrale con connessioni sinaptiche diverse da quelle di chi ha fatto entrare le tecnologie nel proprio quotidiano in una fase avanzata della vita (gli “immigrati digitali”).

Risulterebbe pertanto riduttivo affermare che il livello cognitivo dei nativi digitali venga indebolito dall’utilizzo degli strumenti tecnologici; occorre invece considerare come il modo di processare e decodificare gli input sia evidentemente cambiato, e ciò comporta necessariamente una rivisitazione dei percorsi didattici proposti agli alunni: percorsi che devono essere adattati a questi nuovi ambienti di apprendimento digitale e, nello specifico, ai processi cognitivi che oggi, sempre più, integrano forme di elaborazione visuo-spaziali a quelle propriamente analitiche, di tipo logico-sequenziale.

Le neuroscienze possono e devono fornire un contributo in tale ambito di ricerca, ma è indispensabile che i dati degli studi e delle ricerche vengano presentati e condivisi anche all’interno delle agenzie educative, in primis la Scuola, che si occupano degli apprendimenti dei nativi digitali.

Estratto da

M. Marelli, L. Castelli ‘Ripensare la scuola: gli strumenti tecnologici al tempo della Didattica Digitale’ Dirigenti scuola – Edizioni Studium n. 40/2021, dicembre 2021

References

Doidge N., Il cervello infinito, Ponte alle Grazie, Firenze 2007.

Healy J.M., Failure to connect: How computers affect our children’s minds-for better or for worse, Simon and Schuster, New York 1998.

Mangen A. – Walgermo B.R. – Brønnick K., Reading linear texts on paper versus computer screen: Effects on reading comprehension, International Journal of Educational Research, Volume 58, 2013, pp. 61-68.

Mangen A. et al., Mystery story reading in pocket print book and on Kindle: possible impact on chronological events memory. Conference paper presentation, Igel (The International Society for the Empirical Study of Literature and Media), Turin July 21-25 2014.

Picchione J., La scrittura, il cervello e l’era digitale, Eum, Macerata 2016.

Wolf M., Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Vita e Pensiero, Milano 2009.

Wolf M., Lettore vieni a casa, Vita e Pensiero, Milano 2018.

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